FILIPPO MAGNINI, UOMO DI FORMA E DI SOSTANZA

L’acqua è il suo elemento naturale, ma anche una scatola magica attraverso cui far affiorare in superficie messaggi positivi da far arrivare in particolare ai giovani, uno su tutti, che lo sport non significa vincere ma sopratutto migliorare se stessi. Eppure Filippo Magnini – due volte Campione del mondo, nei 100 metri stile libero a Montréal e Melbourne – non ha perso la voglia di competere, e di vincere. Agli ultimi Mondiali di nuoto Master di Doha (quelli che riguardano la fascia d’età dei 40-44 anni) ha combattuto per il titolo iridato che ha conquistato nei 100 metri stile libero, nei 50 rana e nei 50 stile libero. L’atleta pesarese, che ha da poco compiuto 42 anni, continua così a collezionare primati sportivi coniugando gli allenamenti con una quotidianità fatta di impegni familiari (sua moglie è Giorgia Palmas e con lei ha avuto una figlia, Mia) e nuove avventure lavorative nello spettacolo. Su Instagram dispensa lezioni di nuoto con tanto di video dimostrativi e annotazioni tecniche: come eseguire le bracciate a rana e a delfino, come darsi una spinta ottimale, quali esercizi per il respiro eseguire e quali errori tipici non commettere.

Hai aggiunto altre due medaglie alla tua collezione per dimostrarci che il nuoto è ancora tutto per te?

Nel 2022 ho partecipato per la prima volta ai campionati di nuoto post agonismo, cosiddetti Master, ma con altre velleità e obiettivi. Tenermi in forma, ad esempio, ma anche continuare tramite il mio impegno a dare messaggi positivi ai ragazzi. A febbraio ho preso parte ai campionati mondiali di Doha, in Qatar, dove ho vinto tre ori mondiali. È stata una bella esperienza perché mi sono ributtato nell’agonismo ritrovando atleti internazionali, miei ex compagni di squadra e affrontando una vera e propria preparazione atletica professionale come vent’anni fa. A questo però aggiungendo tutto quello che è oggi la mia vita, tra impegni di lavoro e famiglia, non è stato facile ma molto divertente.

La definizione di ex nuotatore ti sta stretta?

Sarò sempre un atleta e in quanto tale – dopo tanti anni passati a preparami in vista di appuntamenti importanti – avrò sempre davanti a me un obiettivo da perseguire. Il mio mondo gira tuttora intorno allo sport.

La tua preparazione atletica è cambiata negli anni?

Quando la mia vita era incentrata totalmente sul nuoto mi allenavo tredici volte a settimana, tra doppi e tripli allenamenti quotidiani, di cui dieci in acqua e tre in palestra. Percorrevo in media settanta chilometri a settimana in acqua. A tutto questo aggiungevo la fisioterapia, lo stretching, esercizi vari per il rinforzo delle spalle. La giornata era dedicata completamente allo sport. Oggi mi alleno sei volte a settimana, di cui quattro in acqua e due in palestra. E poi ci sono le mie figlie, sono allenanti anche quelli.

Quali figure professionali ti hanno affiancato?

Più di trent’anni fa, quando ero un ragazzetto, i nutrizionisti erano mamma e papà, il fisioterapista non era contemplato e il dottore era quello di famiglia. Quando il nuoto è diventato un lavoro e non più un gioco mi sono affidato a un preparatore atletico che mi ha accompagnato lungo un percorso di costruzione muscolare molto importante, dai 69 ai 76 chili, fino agli 80 e passa di oggi. Parlo di Marco Lancisi, preparatore storico anche per molti azzurri. A lui si è affiancata Valentina Sacchi, fisioterapista e specialista della riabilitazione che mi ha seguito durante i Mondiali e le Olimpiadi. E poi il nutrizionista, che è ancora oggi Luca Di Tolla, con me anche a Doha.

Che tipo di nutrizione segui?

La base è quella della dieta Mediterranea, la più bilanciata. Ci sono periodi in cui riduco i carboidrati per asciugarmi. Sotto gara invece vado in carico di carboidrati per potenziare l’apporto energetico.

Il recupero fisico post-allenamento per un nuotatore è diverso?

La normativa italiana ha sempre vietato l’uso della camera ipobarica agli atleti nostrani, sia su suolo italiano che all’estero. Ma la norma è da poco decaduta quindi stanno per aprirsi nuovi scenari. In passato noi nuotatori eravamo soliti immergerci in delle vasche con ghiaccio oggi superate grazie all’avvento di criosaune e di cabine per la crioterapia tecnologicamente avanzate. Altre pratiche terapeutiche valide sono la pressoterapia, per ridurre gli stati infiammatori, e la coppettazione, per migliora la circolazione sanguigna e quella linfatica.

Esistono pratiche di personal care che rientrano nella sfera della preparazione atletica?

Sì, la depilazione. Per i nuotatori è un rituale da eseguire in autonomia. Un calciatore non vorrebbe mai che gli allacciasse le scarpe qualcun altro. È molto importante per una questione idrodinamica, il nuovo è infatti uno sport di sensazione, rimuovere i peli da tutto il corpo consente di “sentire” l’acqua in un modo diverso. Per far durare più a lungo la depilazione da ragazzo facevo la ceretta, oggi i moderni device per il grooming, come ad esempio Phillips OneBlade Pro 360, hanno testine che radono a pelle senza più dolore.

Ami la tecnologia applicata alla cura della persona?

Sì, soprattutto alla cura della barba. Non mi rado mai completamente, preferisco una barba di due o tre giorni per cui amo i rasoi che mi consentono di sagomarne il profilo con precisione. A parte questo non ho tanti vezzi.

Non chiamiamoli vezzi bensì esigenze: di quale gesto di cura e bellezza non puoi fare a meno?

La clorazione dell’acqua delle piscine mette a dura prova pelle e capelli. È indispensabile proteggerli con una buona detersione – prima e dopo l’ingresso in acqua – e un’idratazione profonda e completa.

La pratica sportiva è anche motivo di impegno sociale?

Faccio parte del team Legend di Sport e Salute, un progetto di Sport e Salute che ha come obiettivo quello di promuovere i valori sociali ed educativi dello sport in giro per l’Italia. Sono inoltre consulente tecnico del team Aquamore Milano Bocconi, sport center in cui impartisco lezioni e sessioni specializzate ai giovanissimi.

Come insegni loro a tenere alta la motivazione?

Quando avevo 16 anni volevo smettere di nuotare perché non riuscivo a vincere. La vittoria non è tutto ma è certamente uno stimolo perché ti rende felice. Gli up and down capitano a tutti ma per non mollare bisogna sapere trovare intorno a noi le motivazioni per andare avanti, con l’aiuto di amici, familiari e atleti.

Al nuoto dedichi spazio anche sui tuoi canali social?

Ho una rubrica su Instagram – e su TikTok ma dirlo mi fa sentire boomer – in cui spiego come eseguire gli esercizi, i movimenti giusti, cosa fare e non fare. Pillole digitali, gratuite e divertenti.

Cosa c’è nella tua comfort zone, oltre lo sport?

In primis la mia famiglia perché mi stimola tutti i giorni a essere una persona corretta. Poi il cibo, da italiano ne sento particolarmente la mancanza quando mi trovo all’estero. Infine il viaggio, che mi ha consentito di conoscere persone e culture diverse. Anche se alla fine tornare a casa è sempre bellissimo.

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