I RECORD DI MR. ZHANG

Un film già visto. Cambiano gli interpreti, i colori, ma se si guarda la scena da un'angolazione precisa, quella societaria, la trama ha uno svolgimento che si dipana con un copione simile. Lo scudetto del Milan, anno di grazia 2022, ricalca il trionfo tricolore dell'Inter in questa stagione. L'agenda dettata, scandita da mille voci attorno a un cambio di proprietà allora del Diavolo ora dei nuovi campioni d'Italia, è un leit motiv in queste vittorie milanesi. Elliott nei giorni della festa rossonera stava per cedere il club a Gerry Cardinale, al fondo americano RedBird, dopo aver rifiutato l'offerta araba di Investcorp.

In questo scorcio di primavera invernale all'ombra della Madonnina che ha congelato il derby del tricolore, con un colpo di coda Steven Zhang sta mettendo a punto i dettagli per sostituire il prestito di Oaktree con quello di Pimco, dopo che per settimane, mesi si è agitato il fantasma di presunti investitori arabi, che puntualmente (per ora) si sono dissolti al momento di concretizzare offerte e intenzioni. Il patron cinese ha smentito per l'ennesima volta le voci di un passo indietro domenica al gp di F1 a Shanghai: poi si vedrà nel prossimo triennio, magari con uno stadio di proprietà in più da mettere sul piatto.

E qui si marca la prima differenza: se quel Milan aveva già risanato i conti con Elliott, questa Inter è ancora lontana dal riuscirci. È un club che vive sul filo dell'equilibrio, che non potrà modificare linea sul mercato rispetto alle precedenti stagioni. Il bilancio quest'anno si dovrebbe chiudere in rosso, anche se i netto miglioramento. Le variabili per ritrovare il segno più sono: plusvalenze dal mercato, risultati sportivi dove alla Champions l'anno prossimo si aggiungerà il Mondiale per club, l'ingresso di nuovi sponsor. Il segno «più» è una speranza più che una previsione, ma non per questo significa non continuare a collezionare trofei. Sì perché nell'era Suning l'Inter alza la settima coppa, vincendo il secondo scudetto. Zhang aggancia papà Moratti nella classifica dei presidenti più vincenti, dietro solo a Massimo Moratti: sedici trofei.

Se Elliott fu il primo fondo a vincere uno scudetto, Zhang sarà il primo presidente a non festeggiare sul campo il tricolore. A modo suo un record. Lontano, nella sua Nanchino dove è «costretto» a restare ha detto Moratti, non si vede a Milano dall'estate scorsa. Un'assenza rumorosa che non può passare inosservata nel giorno della festa, che potrebbe avere anche creato imbarazzo nelle stanze di via della Liberazione. Perché Steven di una cosa si era rammaricato nel giorno dello scudetto di Antonio Conte: quello di non poter festeggiare con il popolo nerazzurro, causa Covid. Una festa dimezzata allora, una festa «depresidenzializzata» adesso. Oggi, domani nei prossimi giorni la gente dell'Inter, sarà in strada, nei bar a esultare. Mancherà proprio lui che la narrazione vuole costantemente vicino alla squadra con videomessaggi recapitati alla Pinetina.

È questo il capolavoro di Zhang, che nelle difficoltà economiche, personali prima che del club, ha avuto la capacità di delegare. E soprattutto scegliendo le persone giuste. Uno su tutti. Beppe Marotta. Il prossimo passo, dopo aver anticipato nella volata alla seconda stella il Milan di quel Cardinale che pasteggia a Coca Cola, è riprovarci in Champions. E poi il Mondiale per club. Papà Zhang fece una promessa quando comprò l'Inter: «Torneremo sul tetto del mondo».

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