INTER, VINCERE CON STILE SI PUò. LO SCUDETTO DEL RE DELLA PAZIENZA INZAGHI

Neanche il più spericolato sogno erotico neroazzurro poteva prevedere un epilogo così. Diciannove scudetti come i cugini, ma l’Inter vince il campionato e arriva a venti: seconda stella! E chi affronta nel gran finale? Proprio il Milan, nel derby. Dove festeggiamo? A San Siro, due gol nella pioggia fredda, davanti ai tifosi rossoneri, già abbacchiati per l’eliminazione dall’Europa. Poveri diavoli! vien da dire.

Non facciamo gli ipocriti: nelle rivalità sportive c’è sempre una traccia di delicato sadismo. Se non sconfina nell’aggressività o nell’offesa, ci sta. A parti invertite — la dea Eupalla non voglia! — gli amici rossoneri farebbero lo stesso. Tutti soffrono e tutti sfottono, nel calcio: anche questo è il bello.

Inter, la stagione da sogno verso il 20° scudetto: il pagellone nerazzurro

Ogni squadra coltiva i suoi malumori con pazienza e i suoi incubi con gelosia. Per noi interisti lo scudetto sottratto (1998), lo scudetto buttato (2002), lo scudetto regalato (2022), la finale di Champions persa per un soffio (2023). Per i milanisti la «fatal Verona» (1973 e 1990), un paio di retrocessioni (1980 e 1982), una Champions gettata alle ortiche (2005). E adesso questo: i cugini che festeggiano in casa tua.

Siamo noi i figli delle stelle. Due, per ora, ma ci accontentiamo. Nel cielo neroazzurro ci stanno bene. Di fatto lo scudetto è al sicuro da marzo, ma nessuno voleva ammetterlo (giustamente). Ora c’è la conferma e possiamo gioire in santa pace.

Cosa ci piace, dei neocampioni? Il gioco, per cominciare. L’Inter è bella da guardare. Lautaro, Thuram, Barella, Calhanoglu, Mkhitaryan, Dimarco, Bastoni, Acerbi e Pavard osano: provano a inventare traiettorie, scambi, tiri, soluzioni. Chi ha guardato, giorni fa, Manchester City-Real Madrid avrà notato la tecnica e la geometrica potenza della squadra di Guardiola. Mancava però la scintilla dell’incoscienza fantasiosa, senza la quale non si va lontano. Nel calcio come nella vita.

Scudetto Inter, le Wag nerazzurre: mogli e fidanzate dei calciatori protagoniste della festa per lo scudetto

Ci piace Simone Inzaghi, uno che studia: i suoi giocatori, gli avversari, il mondo semplice e matto (semplicemente matto?) del calcio. Vincerà il titolo di Tecnico dell’Anno, ovviamente. Ma dovrebbero dargli quello di Re della Pazienza, di Principe dei Sottintesi, di Signore dell’Autocontrollo. Le sue interviste sono pezzi di teatro: parla con gli occhi, le espirazioni, la deglutizione. Ogni tanto lo guardi e pensi: adesso esplode! E invece non esplode mai. Ribolle internamente, come certe fonti termali.

Ci piacciono Beppe Marotta, il suo gruppo e l’Inter low cost che ha costruito. Ma quant’è bravo uno che riesce a fare una cosa del genere?, stanno pensando a Torino. Ci piace anche Steven Zhang, che l’ha lasciato fare. Steven (Stefano) vuol dire «incoronato»: così è stato. Qualunque cosa accadrà alla società — venduta? impegnata? allargata ai tifosi (speriamo)? — la seconda stella è arrivata. La cuciremo sulle nostre bandiere. Impressa nei nostri cuori, c’è già.

Il calcio è un romanzo popolare, e questo capitolo — inutile dirlo — ci entusiasma. Non potrà andare sempre così, ma godiamoci il momento. Ci sono, dietro i titolari, ragazzi pronti a diventarlo: di sicuro Frattesi, e poi Asllani, Bisseck, Buchanan. I milioni servono per vincere; ma, senza idee, i soldi non bastano. Ora sono bravi tutti a dire che Dimarco è tra i migliori esterni sinistro in circolazione: corre come un inglese, crossa come un tedesco, lotta come un argentino e tocca palla come un brasiliano. Ma ci voleva intuizione per capire che quel ragazzo, mandato prima a Parma e poi a Verona, aveva la stoffa giusta per affermarsi a Milano.

Un complimento meritano i tifosi: riempire sempre San Siro non è scontato. Ma anche il sostegno dell’arcipelago Inter Club (208.000 tesserati!) è importante, insieme all’affetto di milioni di sostenitori a distanza televisiva, per cui l’Inter è pizza, amore e fantasia.

Gridiamolo tutti insieme: vincere è bello, vincere con stile sarebbe splendido. E ripetiamolo: le battute ci stanno, l’odio no. L’entusiasmo è sano, l’ironia salutare; ma l’aggressività è stupida (la violenza, idiota). Allo scudetto appena conquistato e alla nostra perfezione cromatica — nero, azzurro, due stelle gialle — aggiungiamo rispetto e sorrisi. In questi tempi faticosi, ce n’è bisogno. Date retta al presidente dell’Inter Club Kabul.

2024-04-24T05:58:42Z dg43tfdfdgfd