KEVIN DI NAPOLI, DAL CARCERE AL RING: “HO BUTTATO LA MIA VITA, AI GIOVANI DICO DI NON ANDARE DIETRO A FALSI MITI. LA STRADA è UN BLUFF”

“Mi manca il mio mare, le corse sulla spiaggia a Ostia insieme a mio padre quando ero bambino. È che certe cose quando le hai a portata di mano neanche ci fai caso”. Kevin Di Napoli ha 27 anni, gli ultimi 6 non li ha trascorsi da uomo libero. Stasera al Palastudio di Cinecittà World, nella riunione targata BBT che avrà come main event l’interessante Europeo Ibf dei massimi leggeri tra Squeo e Rasanen, salirà sul ring per la seconda volta da quando è tornato a boxare. Non è un uomo in cerca di gloria, vuole solo la redenzione. “Stare fuori di prigione è meglio di qualsiasi titolo, sono stato il peggior avversario di me stesso”, è la frase di Mike Tyson che ha messo sul proprio profilo.

La discesa agli inferi

Di Napoli era un pugile promettente, anche la nazionale italiana giovanile si era accorta di lui. Poi una discesa agli inferi iniziata alle 4 di un mattino di 6 anni fa: “Blitz a casa mia. Sono entrati in camera da letto, avevano il passamontagna, fari puntati su me di e ripetevano il mio nome. Pensavo fosse un agguato, paradossalmente quando ho capito che erano i carabinieri mi sono rilassato”. Un momento in cui si sono chiuse le porte di una carriera promettente e aperte quelle del carcere: “Ho buttato via tutto. Locali, alcol, risse, non mi sono fatto mancare niente. Proprio per quello che dico con forza ai ragazzi di non cedere al fascino della malavita. Impegnatevi nella scuola, nel lavoro, nelle musica, in quello che volete, ma non andate dietro a falsi miti, la strada è un bluff”.

Nella comunità San Pio a Nola

Kevin ora sta scontando la sua pena nella comunità San Pio a Nola. “Ognuno ha un suo compito, io sono addetto alla lavanderia. Il direttore della polizia penitenziaria mi ha concesso due ore, ovviamente accompagnato, per andare alla Picardi boxe dove ho la possibilità di allenarmi”. La struttura è privata, quindi Di Napoli ha bisogno di sostegno: “Mi aiutano mio padre Gianni (ex pugile Pro di buon livello), amici che fanno collette, degli sponsor e Toni Effe (rapper molto conosciuto, ndr), che per me è praticamente un fratello”.

Una strada ancora lunga

Una fase di relativa tranquillità, ma la strada è ancora lunga: “In questo momento gli anni da scontare sono dieci, e una volta che le sentenze passeranno in giudicato, in caso di colpevolezza dovrò rientrare in carcere. E la cosa mi spaventa”. Una considerazione che gli fa riavvolgere ancora il nastro: “Per tutta questa situazione non me la prendo con nessuno, solo con me stesso. Ho frequentato amicizie scomode nel momento sbagliato e sono finito sotto i riflettori. Ma la colpa è stata solo mia. Mio padre, che pure lui qualche problemino con la giustizia lo aveva avuto, mi diceva sempre. ‘Se uno va in un burrone lo segui?’. E io sono stato una testa di c…, ho seguito quel qualcuno invece di voltarmi dall’altra parte”.

La testa che se ne va, l’autolesionismo

Reati su reati, ogni tanto spuntava un nuovo capo d’imputazione. Una situazione che a Kevin è anche sembrata senza uscita: “Un accumulo di stress mi ha creato momenti difficili anche a livello mentale. Una volta mi sono imbottito si psicofarmaci, volevo farla finita. In un’altra circostanza ho commesso un atto di autolesionismo e mi sono reciso un pezzo di un orecchio. Quando vedi che quelli con cui sei cresciuto vanno in vacanza, si fanno una famiglia e tu sei rinchiuso per aver sbagliato tutto, la testa rischia di andarsene. In questo senso la boxe è la mia salvezza”.

La riscoperta dei veri valori

Se però a qualcosa la detenzione è servita, è per riconoscere i veri valori: “Appena entrato in carcere ricevevo 50 mail al giorno, poi man mano si sono ridotte e 30, 20, 10. Alla fine mi erano rimasti vicini i genitori e pochissimi altri. Un po’ come quando uno muore. Ai funerali ci vengono tutti e i primi giorni al cimitero in tanti ti portano i fiori. Ma dopo poco tempo vengono a trovarti solo papà e mamma”. Proprio per chi lo ha sostenuto senza sé e senza ma, Di Napoli promette: “Da ora in poi farò a pugni solo su ring, è la cosa migliore. Farlo per strada mi ha rovinato la vita”.

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