MILAN, FARIOLI FRA I CANDIDATI PER DIVENTARE L’ALLENATORE DOPO PIOLI

La ferita non si rimarginerà presto. Farà male a lungo, molto a lungo. Ed è giusto così. Ma l’unico modo per superare lo choc, per iniziare a guarire, si sa, è guardare avanti. Andare oltre il dolore. Cercando di capire cosa non è andato e perché. Ma soprattutto, come migliorare. Come ripartire. Il sesto flop consecutivo nel derby, che ha materializzato l’incubo della festa scudetto dell’Inter, un incubo che tormenterà a lungo i sogni dei tifosi rossoneri, ha lasciato il segno. Allontanando ulteriormente Stefano Pioli dalla panchina del Milan.

Pagelle Milan-Inter derby: Thuram è la firma scudetto 8, maestro Mkhitaryan 7, Leao come le farfalle 5

Se le sue chance di restare per l’ultimo anno di contratto erano già stracciate dopo l’euroeliminazione per mano della Roma, ora sono ancora meno. E a poco servirà l’ultimo appello che l’allenatore ha lanciato alla società: «Non so se il mio ciclo è finito, Inzaghi dodici mesi fa sembrava in difficoltà e poi ha fatto tutto questo, io sto bene, la squadra ha margini di miglioramento». Lo scenario è chiaro: nessuna decisione verrà presa fino a fine stagione, anche per rispetto nei confronti di un allenatore che tanto e bene ha fatto in questi quattro anni e mezzo. Il sostegno, fino al 26 maggio, sarà totale. E l’abbraccio fra Pioli e il patron Gerry Cardinale l’altra sera a San Siro ne è stato la conferma. Allo stesso tempo è però evidente che un colpo di scena è del tutto improbabile.

Se si cambierà, come ormai sembra scontato, l’identikit richiesto è già stato tratteggiato con precisione: giovane, dal profilo internazionale, con una proposta di gioco moderna, compatibile con il progetto aziendale. Un nome che nelle ultime ore ha preso quota è quello di Francesco Farioli, 35 anni, italiano, ex collaboratore di Roberto De Zerbi, ora al Nizza. Laureato in filosofia, considerato un bambino prodigio della panchina, è uno dei talenti emergenti del panorama europeo. Il suo punto di forza non può essere di certo l’esperienza, ma ha estro e idee. Il bouquet dei candidati è ancora folto, ci sono anche lo stesso De Zerbi, Fonseca e Lopetegui. Sono settimane decisive. La decisione sarà collegiale e l’ultima parola spetterà a Cardinale.

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Il nodo allenatore è il primo da sciogliere, ma una cosa è certa: non basterà per colmare il gap con l’Inter e «riprovare a vincere», come ha detto senza mezzi termini l’a.d. Giorgio Furlani lunedì sera, dopo essersi congratulato con i dirigenti interisti.

Servirà innanzi tutto potenziare la rosa con tre colpi che non sono più rinviabili: un difensore fisicamente importante, un centravanti forte (dalla Francia assicurano che Giroud ha trovato l’intesa definitiva col Los Angeles Fc) che potrebbe essere uno fra Zirkzee del Bologna, Sesko del Lipsia o David del Lille; un mediano di corsa e testa che riempia il vuoto lasciato da Kessie e Tonali.

La leadership purtroppo non si compra al mercato, ma mai come quest’anno si è sentita la mancanza di personalità nei momenti cruciali, nelle partite che contano. Soprattutto da parte dei big, che non hanno fatto la differenza quando serviva: si pensi a Maignan, a Leao, a Theo Hernandez. Fra qualche settimana inizia il mercato: a fronte di offerte da top player, nessuno è incedibile. Anche perché una vendita da 70-100 milioni permetterebbe di finanziare un acquisto di peso.

Prima però c’è da affrontare il presente, rialzando la testa in queste ultime cinque partite. A partire dal duello con la Juventus di sabato, decisivo per il secondo posto. Dopo il saloon del derby, è arrivato il conto: squalificati Calabria per due giornate, Hernandez e Tomori. La difesa è a pezzi. Un guaio in più per Pioli, nell’ora più buia.

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